martedì 26 aprile 2011

Yamato Video: Ryu il ragazzo delle caverne

Sono intime amiche l’animazione e la preistoria. Lo urla in tutte le lingue per esempio il successo cinematografico de L’era glaciale. Ma negli anime giapponesi una simile amicizia vanta incontri ravvicinati dagli esiti imprevedibili. Possono divertire come fa il dinosauro piccino Gon nel fumetto di Masashi Tanaka. Oppure riescono a raccontare storie drammatiche, avventurose e ricche di sentimento. Una di queste storie, ambientate “un milione di anni fa o forse due”, è quella di Ryu il ragazzo delle caverne, la serie targata Toei Doga di ritorno oggi in dvd. Occorre armarsi di devozione però, per varcare il crudo mondo preistorico. Soprattutto se a raccontarlo è Shotaro Ishinomori, indiscusso maestro dei manga dietro Osamu Tezuka, che questa storia l’ha disegnata alla fine degli anni Sessanta. Altrove famoso per Cyborg 009 (dove non mancavano bestie preistoriche), Ishinomori ha creato una trilogia a fumetti dai tratti enigmatici. Parte con La strada di Ryu, prosegue con Ryu il ragazzo delle caverne e si chiude con Il mondo di Ryu. Gli esegeti del disegnatore invocano prudenza. E spiegano: enigmatica perché, a fumetti, questa incredibile serie andrebbe letta con particolare attenzione e scrupolo filologico (soprattutto nella successione dei tre capitoli e quindi degli eventi narrati). Il preistorico Ryu non è detto infatti che racconti un capitolo del passato più remoto della storia dell’umanità.
Che poi da quel dì, l’animazione giapponese abbia metabolizzato la preistoria come modello insolito di spettacolarità lo racconta un mostro, anzi Il Mostro, della fantascienza come Godzilla, leader indiscusso del genere kaiju. Figlio dell’atomica prima della venuta di Akira, il lucertolone ha indubbie fattezze da t-rex incazzato (dove passa lui, è orgia distruttiva), pur restando sempre un ibrido. Divo del cinema di genere, l’animazione non se l’è lasciato certo sfuggire: sulla sua pelle hanno giocato registi come Mamoru Oshii e Isao Takahata (in particolare nel film Jarinko Chie, con la scena della protagonista accompagnata al cinema da mamma a vedere una pellicola della serie). Da lui certi mostri degli anime anni Settanta, in particolare quelli robotici, hanno appreso tecniche distruttive impareggiabili.
 
Per restare a quegli anni, ricordiamo però qualche eccezione: tipo la famiglia preistorica di Dokachin (1968) partorita dalla folle inventiva dello studio Tatsunoko; famiglia che si ritrova catapultata nel futuro a causa di un esperimento. Subito dopo la messa in onda di Ryu il ragazzo delle caverne nel 1971, la preistoria è ancora protagonista nella serie Kum Kum scritta e ideata nientemeno che da Yoshikazu Yasuhiko e diretta da Rintaro (Galaxy Express 999). Andrebbe ripescata soltanto per solidarietà nei confronti di Ryu, ma la sua anima è certamente più docile e infantile. Più simpatico e caricaturale Gyatrus (1974) prodotto da Tokyo Movie Shinsha con un cavernicolo dalla crapa pelata che ricorda Homer Simpson.
 
E ancora: in Babil Junior (1973) scorazza uno pterodattilo di nome Ropuros e perfino Nobita e il gatto Doraemon si sono imbattuti in creature di altre ere nel film Doraemon nel paese preistorico (1980), al quale è stato dedicato un riuscitissimo remake nel 2006 dal titolo Nobita no Kyoryu. Ma per come lo conosciamo noi l’andazzo è altresì vero che le bestie preistoriche sono diventate in animazione l’arcinemico. Basta pensare ad alcune serie robotiche di Go Nagai e Ken Ishikawa, tra cui l’emblematico Getta Robot (1974). Qui addirittura i dinosauri, caduti in letargo, si evolvono e combattono i terrestri per il domino del pianeta. Nagai tornerà a parlare di nemici preistorici pure in God Mazinga del 1984. Per gli amanti dei dinosauri buoni come il pane, c’è infine il film Coo che arrivò da un mare lontano (1993) realizzato da Toei e Kadokawa Shoten sulla scorta di un romanzo molto popolare di Tamio Kageyama. Troppo kawaii il design immaginato da Haruhiko Mikimoto per avere paura della piccola creatura protagonista.
 
Ryu il ragazzo delle caverne è altra cosa. Intanto è un classico della tv giapponese miracolosamente attuale per le cose che racconta e mostra: razzismo e integrazione razziale (Ryu infatti ha la pelle bianca rispetto agli altri cavernicoli: nel secondo episodio appare perfino un tizio con la pelle verde!); progresso e quel sentimento di aggregazione che parafrasa ante litteram una delle battute celebri del serial Lost: si vive insieme, si muore soli. Da noi la serie in 22 episodi è arrivata nel 1979 ed è ricordata per il character design concepito dal grande artista Kazuo Komatsubara (che rimase abbastanza fedele allo stile di Ishinomori, senza però allontanarsi dagli standard di casa Toei). Altro aspetto che salta agli occhi è il lavoro di Mataharu Urata, l’art director che realizzò i magnifici fondali della serie: un incrocio vertiginoso di colori rossi, verdi e azzurri (i cieli spennellati di bianco per rappresentare le nuvole). Tra le celebrità presenti nello staff, oltre a Komatsubara, anche Shingo Araki (Lady Oscar) e Takeo Watanabe autore delle musiche.
 
Rispetto al manga la vicenda segue un suo percorso autonomo focalizzandosi sulla ricerca della madre del ragazzo. Il viaggio di Ryu è segnato dall’incontro con la giovane Ran e il fratellino di lei, assieme ai quali fronteggia in ogni puntata l’incognita di ciò che quel mondo crudele ha in serbo per loro. Il fatto che il ragazzo abbia la pelle bianca è una discriminante che lo rende inoltre alieno alla società primitiva e soprattutto lo pone in conflitto “privilegiato” con Tirano, il t-rex a cui da infante era stato offerto in sacrificio. Ovunque si muova Ryu, il dinosauro è lì ad attenderlo quasi volesse riprenderselo. E ovunque, la bestia semina morte e distruzione. Dal manga di Ishinomori, la serie diretta da Takeshi Tamiya si appropria del carattere ingenuo e talvolta infantile di Ryu (scampato al sacrificio è stato allevato dalla scimmia Kitty), impreparato a vivere in mezzo agli uomini, eppure abilissimo cacciatore e dotato di un cervello che lo aiuta a sfuggire pericoli e insidie. Insomma, un anime d’altri tempi con drammaturgia forse arrugginita (la cara vecchia drammaturgia che si ritrovava in serie come Uomo Tigre, da cui Tamiya peraltro arriva), ma sempre avvincente. Visto che, anche avendo letto il fumetto di partenza, è tanta la curiosità di sapere come si concluderà il viaggio.
 
Ishinomori e Toei riproporranno il tema della preistoria in uno speciale televisivo del 1979 intitolato Quando vivevano i dinosauri (in originale: Dai Kyoryu Jidai), in cui i due protagonisti Remi e Jun (personaggio feticcio dei fumetti di Ishinomori) vengono trasportati nel passato e ricondotti al loro presente senza sapere che un dinosauro è riuscito a seguirli. Un piccolo lavoro in cui, come nella versione manga di Ryu, scienza e storia umana si fondono per cercare nuove prospettive e illuminante fiducia nel progresso.
 
 
Disco 1
01 - Il sacrificio mancato
02 - Da soli non si vive
03 - La prova delle pietre sacre
04 - Lotta contro il mostro
05 - Per cento pelli di capra  
Disco 2
06 - Guerra ai limiti del deserto
07 - Seguendo le orme del mostro
08 - Faida tribale
09 - Lo stregone bugiardo
10 - Gli uomini delle nevi
11 - Rivalità
 


Disco 3
12 - Amici
13 - La trappola
14 - Vendetta impossibile
15 - Lotta nell’isola felice
16 - L’uomo bestia
 
Disco 4
17 - Vittime innocenti
18 - La carica degli elefanti
19 - Nella tana dei lupi
20 - Caccia agli schiavi
21 - Bianchi alla riscossa
22 - Verso una nuova vita
 
Extra:
- Sigle italiane di testa e di coda ed. tv
- Booklet esclusivo
- Presenzatione del primo episodio (versione senza audio)

Schermo: 4/3 Colore PAL
Sistema: PAL
Audio: italiano 2.0 giapponese 2.0
Sottotitoli: Italiano
Durata: 360 min
Area: 2

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